DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA

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Dottoressa Erica Brasini

Psicologa - Psicoterapeuta

DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA

 

Il disturbo da alimentazione incontrollata o “abbuffata di cibo”, dall’inglese binge eating disorder (BED), è un disturbo della condotta alimentare (per disturbo della condotta alimentare s’intende, secondo la definizione proposta dal ricercatore C. Fairburn psichiatra inglese, una sindrome caratterizzata da un’alterazione persistente del comportamento alimentare e delle condotte connesse con il cibo che danno luogo come risultato finale ad una inadeguata assunzione degli alimenti). I soggetti con disturbo BED assumono grandi quantità di cibo in un tempo relativamente breve con la sensazione di perdere il controllo su cosa e quanto stia mangiando, con senso di colpa e vergogna che spesso inducono a mangiare da soli o di nascosto. Nelle persone che soffrono di questo disturbo c’è un forte disagio che coinvolge l’intera persona fisicamente, emotivamente, psicologicamente, in una lotta estenuante che logora, svilisce e che compromette radicalmente la qualità di vita.

Nello specifico per capire se una persona soffre di “binge eating disorder” ci si può avvalere dei seguenti criteri diagnostici:

  1. A)  Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata o abbuffate compulsive (almeno una volta a settimana per 3 mesi consecutivi). A sua volta la definizione di bisogno di alimentazione incontrollato o abbuffate compulsive sottintende due caratteristiche:

– mangiare in un periodo di tempo definito un quantitativo di cibo chiaramente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in circostanze simili.

– sensazione di perdita di controllo nel mangiare durante l’episodio.

  1. B) Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati a tre o più delle seguenti caratteristiche:

– mangiare molto più rapidamente del normale;

– mangiare fino a sentirsi piacevolmente pieni;

– mangiare grandi quantità di cibo anche se non si avverte fisicamente fame;

– mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando;

– sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o molto in colpa dopo le abbuffate.

  1. C)  È presente un marcato disagio rispetto al comportamento incontrollato che si ha verso il cibo.
  2. D)  L’alimentazione incontrollata non è regolarmente associata a condotte di eliminazione o comportamenti compensatori inappropriati, tipici della bulimia nervosa, ad esempio uso di lassativi, diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo, etc.

Il sospetto di soffrire di BED deve sorgere quando l’assunzione dl cibo avviene in modo compulsivo; infatti secondo alcuni ricercatori l’esperienza di perdita di controllo è la caratteristica principale, più importante della quantità di cibo ingerito. Si osserva come la maggioranza dei soggetti che soffre del disturbo da alimentazione incontrollata tenda ad attribuire eccessiva importanza al peso ed alle forme corporee. Da diversi studi si riscontrano situazioni diverse: alcune di queste persone per ritrovare la forma fisica iniziano un regime alimentare rigido e fortemente ipocalorico solo capace di far scaturire abbuffate. Altre persone manifestano il disturbo prima di seguire diete e quando il peso corporeo è spesso ancora nella norma. Nonostante la condizione di obesità non sia un requisito necessario per fare diagnosi di BED la maggioranza dei soggetti ne risulta affetta, in quanto l’assenza di pratiche che contrastino l’eccessivo apporto calorico dovuto al cibo, fa si che si sviluppino diversi gradi di sovrappeso fino all’obesità, quindi è opportuno sottolineare differenze fondamentali tra gli obesi binge eating e gli obesi non binge eating. I primi rispetto agli altri presentano una preoccupazione molto maggiore riguardo al peso corporeo, all’aspetto fisico e al comportamento alimentare, possono avere una percezione distorta della loro immagine corporea a prescindere dall’entità del sovrappeso e presentano un più basso livello di autostima che è condizionata a sua volta dal peso, dalla forma corporea e dalle stesse abbuffate, per via del fatto che si sentono sconfitti per l’incapacità di controllare il proprio rapporto con il cibo. Oppressi dal loro peso presentano scarse capacità di adattamento all’ambiente, ridotta abilità a gestire le situazioni a rischio, difficoltà nell’inserimento e nei rapporti sociali, tutto questo come una sorta di circolo vizioso non fa altro che alimentare il loro senso di vergogna, di malessere ed insoddisfazione che li obbliga a nuovi bisogni di binge eating. Questi individui riferiscono infatti una maggiore tendenza ad iperalimentarsi in risposta a stati emozionali negativi, rispetto ai soggetti obesi NON BED. Le motivazioni che spingono al binge eating disorder sono condizioni emozionali negative quali ansia, tristezza, depressione, necessità di compensare un “qualcosa” e numericamente si ritrova questo disturbo maggiormente nelle donne.

Si è visto come il BED può presentarsi a qualsiasi età, ma dati alla mano è più frequente diagnosticarlo in un’età compresa fra i 30 e i 40 anni, anche se poi molti pazienti riferiscono durante l’anamnesi un’insorgenza del disordine alimentare in adolescenza o nella prima giovinezza, attorno ai vent’anni.

Per cercare di risolvere il disturbo, troppo spesso si vede ancora prendere solo in considerazione gli aspetti più superficiali legati al problema del rapporto con il cibo e il peso, credendo di risolvere prescrivendo solo rigide diete per il problema del sovrappeso, tralasciando i vari aspetti che il binge eating presenta, non pensando invece che occorre accogliere la drammaticità del disagio che vivono spesso in silenzio le persone che soffrono di questo disturbo e lavorare anche per risolvere questi aspetti. In questo modo le persone con un disturbo di alimentazione incontrollata si ritrovano in un circolo di disperati tentativi di restrizione dietetiche, perdita di controllo, abbuffate, con conseguente aumento di peso, anche maggiore di quello perduto. E’ necessario nei confronti di queste persone un approccio terapeutico multidisciplinare che vede la stretta collaborazione di diversi professionisti.  I soggetti che soffrono di BED sono di fronte a molteplici sfide: normalizzare il  comportamento alimentare, migliorare lo stato di salute fisico e psicologico, aumentare l’accettazione della propria immagine corporea e di sé. Queste persone innanzitutto vanno trattate con un obiettivo diretto alla risoluzione dello stato psichico cioè delle problematiche di fondo che portano all’abbuffata, alla correzione del disturbo alimentare, al miglioramento dell’autostima e successivamente anche a produrre un significativo riduzione di peso in modo tale da ottenere un miglioramento della qualità di vita e una diminuzione del rischio per malattie associate all’obesità.

 

 

Il sostegno alla genitorialità

Il sostegno alla genitorialità è un percorso mirato a sostenere e orientare i genitori nel rapporto genitori-figli, quando: si sentono in difficoltà rispetto ad alcuni atteggiamenti e comportamenti dei propri figli, durante alcune delicate fasi dello sviluppo dei figli, nel loro quotidiano lavoro di educatori, ma anche di fronte a situazioni di devianza o di particolare problematicità dell’adolescente. In tali contesti, lo psicoterapeuta con il bagaglio tecnico che gli sono propri, diviene un utile strumento per sostenere e accompagnare il genitore e/o il figlio durante la crescita.

 

La mediazione familiare si rivolge alle coppie in fase di separazione, soprattutto quando sono presenti dei figli. Lo psicoterapeuta ha il compito di aiutare a rendere la coppia capace di condividere responsabilmente la co-genitorialità, la rende capace di gestire la crisi per poter così trovare soluzioni reciprocamente soddisfacenti per sé e per i loro figli, per far si che essi subiscano il meno possibile la difficoltà che la situazione porta.

 

La terapia familiare ha come obiettivo finale la soluzione dei problemi o dei conflitti esistenti nel nucleo familiare, favorire la ricerca di nuove e più funzionali modalità di comunicazione e ascolto fra i componenti della famiglia e facilitare l’esprimersi dei bisogni emotivi fra i componenti.

Tecniche di rilassamento ed ipnosi

Le tecniche di rilassamento sono diverse e si adottano allo scopo di regolare e imparare a gestire gli stati ansiosi e/o lo stress. Le tecniche principali che adotto sono:

Il Training autogeno di Schultz: training mentale e fisico che gestisce lo stato di tensione attraverso immagini mentali, sensazioni di calore auto indotte, etc.

Il Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson: training muscolare che si focalizza sulla tensione percepita al livello dei muscoli

Le tecniche respiratorie o diaframmatiche

Le tecniche basate su mindfulness e meditazione

Meditazione “classica”

Rilassamento immaginativo

E altro…

 

L’ipnosi Ericksoniana viene adottata come tecnica di rilassamento e come ipnoterapia, importante strumento terapeutico, utilizzato quando la persona ha necessità di lavorare su se stessa in modo approfondito, per arriva a parti di sé che in stato di coscienza sono precluse. Con l’ipnoterapia si riescono ad aggirare le resistenze consce per arrivare nel modo più “dolce” possibile, al riconoscimento e all’elaborazione della problematica, senza barriere che impediscono di farlo.

TERAPIA DI COPPIA

La terapia di coppia aiuta la coppia a gestire i conflitti. Il compito dello psicoterapeuta è quello di fare acquisire alla coppia funzionali modalità di interazione, ottenendo una maggiore capacità di ascolto e comunicazione con il partner. Durante gli incontri lo psicoterapeuta non dà giudizi e non è di parte ma ha il compito di mediare, di stimolare entrambi i componenti della coppia per aiutarli a prendere realmente coscienza l’uno dell’altro, dei loro reciproci pensieri e sentimenti, eliminando le eventuali difficoltà di comunicazione e i “giochi psicologici” che inconsapevolmente mettono in atto creando barriere e automatismi che agiscono negativamente nel dialogo e nelle azioni e di conseguenza nella relazione. Qualsiasi coppia ha momenti di tensioni, più o meno forti ma superabili se si sanno gestire.

Ipnosi

PSICOLOGIA E LE FIGURE CORRELATE:

PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA, PSICOANALISTA, PSICHIATRA

 

In questo articolo farò un brevissimo cenno alla psicologia, dalla sua nascita al suo sviluppo nel tempo, e cercherò di chiarire le differenze esistenti fra le figure professionali che ruotano attorno alla psicologia.

Il termine Psicologia deriva da “Psiche” che in greco antico significa “anima” cioè vita, respiro, soffio vitale e sede dei sentimenti; ha origine in Grecia grazie a filosofi come Aristotele e Platone che per primi si posero degli interrogativi sul funzionamento della mente. Con il tempo il termine psiche fu diviso da anima e le due parole assunsero due significati diversi; con psiche si intende la parte mentale dell’uomo mentre con anima si indica la sua parte spirituale. Quella che tutti noi oggi conosciamo come psicologia, incuriosisce l’uomo da sempre e ha richiamato nei secoli l’attenzione e lo studio di filosofi, medici, biologi, fisici. Fra il 1850 ed il 1870 diversi studiosi si occuparono dello studio delle emozioni, delle sensazioni, delle attività intellettive, applicarono allo studio della mente le metodologie che già applicavano alle scienze naturali; fecero questo senza rendersi conto che stavano avvicinando la psicologia ad una scienza. Riuscì in questo il filosofo-fisiologo, tedesco W. Wundt che nel 1879 grazie agli esperimenti che condusse nei suoi laboratori di Lipsia, dimostrò attraverso risultati che si sono dimostrati concretamente ripetibili (la ripetibilità dei risultati è indispensabile perché una qualsiasi area possa essere considerata scientifica), che la psicologia è una scienza, la scienza che studia il comportamento umano. Di seguito elenco solo alcuni degli ambiti di studio e di approfondimento della psicologia, essi sono: la memoria, l’intelligenza, l’apprendimento, la comunicazione, le emozioni, l’affettività, la motivazione, la frustrazione, l’aggressività, il conflitto, l’attenzione ed ancora la personalità, le relazioni, etc.. La disciplina della psicologia è rivolta alla persona, al gruppo o alla comunità. Ad oggi la definitiva definizione di psicologia è: la scienza che studia la psiche nei processi psicologici  sia inconsci che consci, attraverso i quali una persona costruisce le proprie risposte comportamentali.

La psicologia come scienza è recente, nasce appunto poco più di un secolo fa ma da allora gli studi sono proseguiti ininterrottamente in varie parti del mondo, con ricercatori e psichiatri più o meno conosciuti; gli studi si svilupparono ed sono proseguiti in varie correnti di pensiero e orientamenti, ma la cosa che comunque accomuna tutti è il senso della psicologia che studia il comportamento umano e che cerca di comprendere e interpretare i processi mentali, affettivi e relazionali che lo determinano con lo scopo di promuovere il miglioramento della qualità della vita.

 

Ora vorrei fare chiarezza sulle varie competenze delle figure professionali “autorizzate” che lavorano in ambito psicologico, dato che da sempre riscontro dalle domande fatte dai miei pazienti che c’è molta confusione fra: psicologo, psicoterapeuta, psicanalista, psichiatra.

 

Per diventare psicologo prima si ottiene la laurea in psicologia e successivamente ad un tirocinio formativo di un anno, si sostiene l’esame di Stato per abilitarsi all’esercizio della professione di psicologo previa iscrizione all’Albo Professionale degli Psicologi della Regione. Un dottore in psicologia che non ha effettuato il regolare tirocinio e non ha superato le prove previste per l’esame di stato, non è di fatto uno psicologo e non può esercitare la professione di psicologo. L’operato dello psicologo è regolato dal codice deontologico che ne definisce limiti e doveri e consiste nel somministrare test e fare diagnosi, promuovere il benessere della persona, dando al paziente maggiore capacità e consapevolezza per comprendere sé stesso e gli altri attraverso colloqui psicologici; può inoltre offrire consulenza e supporto psicologico a tutti coloro che presentino un disagio o un problema che non presenti i sintomi di un disturbo psicopatologico, perché lo psicologo NON può trattare disturbi psicologici o psichiatrici, questo lo può fare solo uno psicoterapeuta. In ogni caso lo psicologo non essendo un medico non può prescrivere farmaci.

E’ psicoterapeuta, il professionista che dopo essersi laureato in psicologia e aver percorso tutto l’iter per diventare psicologo, segue un percorso almeno quadriennale, presso una scuola di specializzazione universitaria o comunque riconosciuta dal MIUR per acquisire una specifica formazione post-laurea (possono seguire la specializzazione post laurea in psicoterapia anche i medici). Quello di “psicoterapeuta” è dunque un titolo aggiuntivo a quello di psicologo.

Lo psicoterapeuta può fare tutto ciò che fa lo psicologo, in più ha competenze e conoscenze maggiori otre a strumenti psicoterapici che consentono di trattare, i disturbi psicopatologici, mirando a ridurre la sofferenza del paziente agendo sui meccanismi psichici e comportamentali sottostanti al problema. Questa specializzazione prevede anche una formazione pratica continuativa e la supervisione del terapeuta da parte di colleghi psicoterapeuti. Nell’ambito della psicoterapia vi sono molti approcci, che prevedono teorie e metodi diversi tra loro, dalla psicoanalisi, alla terapia sistemico-familiare, alla terapia cognitivo comportamentale, etc.

Lo psicanalista è uno psicoterapeuta che esercita la propria pratica clinica basandosi su un preciso approccio quello psicoanalitico. La psicoanalisi affonda le sue radici nella teoria Freudiana e si distingue enormemente dalla psicoterapia per le regole del setting, dove per setting si intende sia l’arredo dello studio, sia l’orientamento terapeutico, frequenza e numero di sedute, l’approccio e la relazione che il terapeuta instaura con il paziente. Senza stare ad elencare nel dettaglio tutte le differenze, le più importanti che si evidenziano in psicoanalisi rispetto alla psicoterapia sono: in psicoanalisi la durata del percorso è nettamente più lunga e di norma necessita di un maggior numero di sedute settimanali rispetto alla psicoterapia. Inoltre c’è molta differenza fra la modalità di approccio psicoterapico e relazione fra terapeuta e paziente; in psicanalisi il rapporto tra il professionista ed il paziente è rigorosamente formale, la comunicazione è quasi esclusivamente unidirezionale da parte del paziente che viene stimolato alla conversazione dallo psicanalista che raramente interviene nella seduta; altra differenza sostanziale è che nella psicoanalisi non vengono adottati/insegnati strumenti pratici.

Lo psichiatra è un laureato in medicina e chirurgia con specializzazione post laurea in psichiatria. La psichiatria è la branca specialistica della medicina che si occupa della diagnosi, della cura e della riabilitazione dei disturbi mentali e dei comportamenti patologici. Valuta la sintomatologia e il decorso clinico e propone una cura che può indirizzarsi verso un intervento farmacologico e/o psicoterapeutico. La legge italiana consente agli psichiatri di avere il titolo di psicoterapeuta su semplice richiesta all’Ordine professionale ma questo di fatto non garantisce, come invece è per gli psicoterapeuti che lo psichiatra-psicoterapeuta abbia frequentato una scuola di specializzazione quadriennale in psicoterapia, in pratica è libero di esercitare come psicoterapeuta senza aver effettuato un percorso formativo, ma questo si rimanda a coscienza sua. Lo psichiatra dato che è un medico può prescrivere farmaci generici e/o psicofarmaci e richiedere e valutare esami clinici.

A questo punto dell’articolo una domanda sorge spontanea…a chi ci si deve rivolgere in caso di un problema? Si contatterà lo psicologo se il problema si manifesta con un disagio che non presenta una sintomatologia invalidante e può bastare la consulenza. Si dovrà contattare uno psicoterapeuta, qualora invece il disagio psicologico si presenti con sintomi, più o meno invalidanti, o si presenti un disturbo psichico, o un disturbo psicopatologico. Lo psichiatra sarà contattato quando un disturbo psichico influisce negativamente sul funzionamento della persona a livello sociale e lavorativo, presentando una sintomatologia pesante e il paziente non riesce a lavorare su se stesso,  necessitando di un trattamento farmacologico, che sarà necessario sia per alleviare il grado di sofferenza che per ristabilire le condizioni necessarie e sufficienti per il lavoro psicoterapeutico. Psichiatra e psicoterapeuta lavorano su facce diverse della stessa medaglia, ciascuno con le proprie competenze. In un’ottica di interrelazione mente-corpo, l’ottimale è che lo psichiatra e lo psicoterapeuta lavorino in stretta collaborazione, uno per ristabilire l’equilibrio fisiologico della persona, l’altro per ristabilire l’equilibrio psicologico.

 

PSICOTERAPIA INDIVIDUALE

La psicoterapia individuale si adotta per risolvere la problematica e/o la sofferenza della persona che se trascurata va poi a compromettere la qualità di vita. Il mio metodo di lavoro prende in esame sia la persona nella propria dimensione individuale, sia l’ambiente che la circonda cioè il contesto sociale e le relazioni con altre persone in diversi contesti di vita (famigliare, affettivo, lavorativo, sociale), questo è molto importante per avere un più ampio livello di osservazione, sul quale impostare al meglio il percorso terapeutico e raggiungere il benessere della persona. Personalmente adotto più metodi terapeutici, prevalentemente l’orientamento Sistemico Relazionale ma anche il Cognitivo-Comportamentale, la PNL, l’Ipnositerapia e altro, a seconda del caso e nel rispetto dell’unicità di ogni persona.

La consulenza  si adotta per risolvere situazioni di difficoltà che generalmente hanno una natura momentanea e transitoria ma che se non elaborate correttamente, rischiano di consolidarsi, generando stati di blocco e malessere, compromettendo il benessere personale e la qualità della vita. Si accompagna la persona in passaggi particolarmente delicati, aiutandola ad orientarsi in vista di scelte importanti.

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