RAPPORTO PADRE-FIGLIA

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Dottoressa Erica Brasini

Psicologa - Psicoterapeuta

RAPPORTO PADRE-FIGLIA

La figura del padre per una figlia è molto importante, il papà per lei rappresenta la figura maschile nel mondo e da un punto di vista evolutivo la figura paterna vivrà dentro la figlia per tutta la vita, con un ruolo fondamentale e decisivo nel suo percorso di crescita. Lo psicanalista Carl Gustav Jung con l’espressione “complesso di Elettra” indica il versante femminile del complesso di Edipo, cioè per la bambina l’attaccamento al padre interviene in modo provvidenziale a interrompere il legame simbiotico con la madre e uscire dal rispecchiamento con lei, un distacco più difficoltoso rispetto al maschio per il quale l’oggetto di amore rimane la madre; in breve il complesso di Elettra si può definire come il desiderio della bambina di possedere il padre e contemporaneamente la competizione con la madre per il possesso del genitore dell’altro sesso.

Durante l’infanzia entrambi i genitori sono modelli per i loro figli, ma il padre viene considerato dalla figlia il principe azzurro, il modello di riferimento, anche quando purtroppo il suo comportamento non è dei migliori. Il papà, in famiglia, deve essere una presenza attiva che condivide l’educazione e i compiti genitoriali con la mamma, facendo vedere che c’è parità di ruoli e rispetto, il papà deve dimostrare il suo amore per la madre affinché la piccola sia consapevole di quell’amore in modo che possa riprodurlo in futuro, consapevole che può essere amata allo stesso modo in cui il padre amava sua madre. Troppo spesso invece si ha la sensazione e non solo, che il padre “conceda” del suo tempo alla famiglia trasmettendo l’idea che i figli siano compito delle madri. Analogamente molti padri pensano che le madri siano più influenti con le figlie di quanto non lo siano loro ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità, dato che di solito le femmine hanno un rapporto molto più stretto con i papà, una madre non potrà mai sostituire un padre nel portare una prospettiva maschile nello sviluppo della bambina.

Un papà per non deludere e per non trasmettere un’immagine distorta e negativa dell’intera categoria maschile come deve comportarsi con la figlia? Essere amorevole, rispettoso e protettivo. Il padre come sopra scritto rappresenta il primo incontro con il maschile e a partire dal comportamento del padre la figlia acquisisce elementi conoscitivi sull’uomo e costruisce un bagaglio su cosa pensare, sentire, aspettarsi dagli uomini, in altre parole la relazione con il padre molto probabilmente condizionerà i rapporti che la figlia avrà con tutte le figure maschili che incontrerà, qualsiasi tipo di rapporto che avrà con il sesso opposto  attiverà le memorie di questo forte legame primario.

In particolare cosa deve fare un padre per dare un’impronta positiva alla crescita della figlia?

Il padre deve nutrire l’autostima della figlia, la certezza che qualcuno creda in lei e nelle sue capacità, deve elogiare le sue capacità, le sue virtù, i suoi punti di forza, per aiutarla a conoscersi meglio e farle sentire di avere tutti gli strumenti necessari per poter riuscire nella vita, deve insegnarle a non abbattersi mai ed andare avanti di fronte ai fallimenti ed affrontare positivamente tutte le sfide, deve infonderle sicurezza essere percepito come “un porto sicuro” e una roccia, deve essere una fonte inesauribile di insegnamenti. Un papà che sprona a vivere con determinazione e coraggio ogni singolo giorno, insegna alla figlia che ogni problema può essere superato, questo attraverso il dialogo, l’ascolto e la vicinanza. Inoltre molto importante deve insegnarle ed  abbattere ogni stereotipo di genere sessuale e farle capire che merita il meglio, deve aiutarla a fare uscire la propria personalità nella sua pienezza, in modo da rendere nel futuro la sua bambina una donna forte e indipendente. Il papà deve passare del tempo costruttivo con la proprio figlia mostrandole sempre affetto attraverso coccole, baci e abbracci, deve scherzare e giocarci con qualsiasi tipo di gioco dalle bambole a giochi che sono molte volte confinati in modo errato ai soli maschi, giochi come fare la lotta, giocare a calcio e altro ancora.. Mentre il figlio maschio vive con un genitore dello stesso sesso un rapporto ambivalente, deve capire se essere come lui o contro di lui, la bambina desidera solo essere amata incondizionatamente dal padre.

Il padre a seconda dell’età della figlia ricopre ruoli diversi, ma qualsiasi età abbia la figlia il ruolo paterno si declina per due funzioni: una protettiva (è guida, consigliere, rifugio, etc.) ma nello stesso tempo ha un ruolo anche normativo (è un garante delle regole, del rispetto, dei diritti e doveri, etc).

Fino ai 3 anni le bambine hanno un affetto e un attaccamento speciale per le loro madri ma poi a questa età inizia una fase in cui il padre divide il “cordone ombelicale” fra madre e figlia diventando centro di emozione e attenzione. La fase che va dai 3 agli 9 anni è quella in cui ruolo paterno gioca un ruolo determinante, in questo periodo il padre è un eroe, un principe azzurro e può davvero trasmettere alla figlia impronte emotive e insegnamenti cruciali per il suo futuro e per le sue relazioni, occorre essere presenti positivamente in questa fase di crescita, con tutto ciò che si è detto prima. Fra i 10 e i 14 anni subentra la pre-adolescenza, in questa fase pur restando valida la duplice funzione paterna affettivo-normativa, il rapporto padre-figlia cambia e si verifica una graduale e significativa disillusione, questo è il periodo della scoperta dei limiti genitoriali, del riconoscere il padre per quello che è e non  più come principe azzurro, rendersi conto sia dei suoi pregi che dei suoi difetti. A questo si associa la richiesta da parte della figlia di una maggiore autonomia e di spazi più ampi di responsabilità, per sperimentare e sperimentarsi, per esprimere nuovi interessi e progetti emergenti, per investire la propria vitalità attraverso le uscite con gli amici, inizia l’emancipazione a distanza dello sguardo paterno pur rimanendo sotto le sue ali protettive, è in questo periodo che molte volte nascono le prime discussioni e le difficoltà al dialogo, oltre che l’allontanamento fisico in quanto si passa meno tempo facendo attività insieme. Inoltre la preadolescenza/pubertà è un momento molto difficile per la femmina, c’è lo sviluppo con la comparsa del menarca, i cambiamenti del corpo, la sessualità che si sveglia con le prime attrazioni fisiche, etc. e di tutto ciò è spesso difficile parlarne con il padre, come poi anche per il padre è difficile parlarne, ma soprattutto accettare la cosa, cioè vedere la sua bambina che sta diventando donna. Qui sovente c’è un riavvicinamento verso la madre perché ora è lei che può capire i bisogni della figlia, in quanto ha attraversato a suo tempo le stesse difficoltà, si possono parlare da donna a donna. Il ruolo paterno in quest’epoca dovrebbe puntare su comprensione e rispetto, deve continuare a valorizzare la femminilità e la bellezza della figlia, dando il permesso di farsi bella per piacere ma soprattutto di accettare che si senta sicura agli occhi degli altri uomini; quando è possibile, il dialogo, l’ascolto e la vicinanza restano gli strumenti più efficaci per continuare ad avere un rapporto speciale con la propria figlia. Successivamente arriva la fase dell’adolescenza, sarà un momento difficile per entrambi i genitori, questa fase è caratterizzata da sentimenti e comportamenti di ribellione verso regole e doveri e dalla richiesta sempre maggiore di autonomia, la figlia adolescente a causa della propria maturazione sessuale sperimenta un senso di disagio relazionale a fronte della figura paterna e conseguentemente si allontana ulteriormente da lui, così i padri potrebbero soffrire nell’essere tagliati fuori improvvisamente dalla vita della figlia. Ma anziché soffrire di questa nuova condizione è importante che un padre impari a rispettare questa distanza, considerandola indispensabile alla crescita della figlia e se la fase adolescenziale viene superato con successo, grazie ad una figura paterna equilibrata e matura, in età adulta si rinstaurerà il rapporto con una forma più matura. Ciò che va sempre trasmesso alla figlia è che “si può allontanare dal nido per sperimentare la vita ma c’è sempre un nido accogliente in cui tornare e che l’aspetta ”.

In ultimo vorrei parlare anche dei comportamenti che devono essere evitati perché potrebbero essere lesivi alla sana crescita della figlia:

quando il padre è una persona troppo fragile che finisce con il lasciare la figlia fra le braccia della madre non sciogliendo mai il cordone ombelicale fra le due, facendo mancare la figura paterna e quel processo evolutivo di distacco madre-figlia, con conseguenze negative nello sviluppo della figlia.

Un padre troppo innamorato della figlia che diventa morbosamente possessivo nei sui confronti tenendola “in ostaggio”  nell’adorazione verso di lui, ad esempio i padri “idoli” che rendono impossibile un altro amore perché un compagno deve essere come lui ma nessuno sarà mai come lui.

Il padre assillante, non rassicurante che non aiuta la formazione e la crescita dell’autostima, che intrattiene con la propria figlia un rapporto infantile teso alla negazione della maturazione e dell’indipendenza.

Il padre estremamente normativo, rigido e chiuso, che detta condizioni alla figlia perché si meriti il suo amore, manipolandola e impedendole di vivere una vita propria.

Il padre “mammo” che si sostituisce alla madre, non trasmettendo alla figlia quella parte virile con punti di vista e maschili, con il rischio che la futura donna come compagno cerchi un uomo mammo su cui appoggiarsi e dipendere.

Il padre perduto, ci sono situazioni in cui la figlia ha a che fare con un padre che non è stato presente nella sua crescita e questo padre non viene realmente riconosciuto per la persona che realmente è, ma viene idealizzato in modo irrealistico e generalmente in positivo, riflettendo tutti i desideri e i bisogni della figlia, solitamente di difficile realizzazione e questo nel futuro della ragazza potrebbe dare vita ad un rapporto con un compagno da lei percepito, a prescindere, come perfetto e inattaccabile a scapito di una percezione realistica di sé e di cosa sia il meglio per lei.

Il padre inaffidabile, quello di difficile comprensione, la figlia fin da piccola non capisce se il padre è interessato a lei o incentrato solo sui suoi impegni e problemi, se le voglia bene o no e da questa difficoltà possono nascere rapporti di tipo amore-odio in cui il padre è al tempo stesso amato e odiato, desiderato e respinto, cercato e allontanato, un padre di cui è difficile fidarsi. Questo non potrà che avere delle ripercussioni nel rapporto con il partner che verrà desiderato e temuto, sedotto e abbandonato, voluto e lasciato.

 

Questo articolo lo dedico al mio babbo (come viene chiamato il papà in Romagna) e a mio marito, babbo di nostra figlia Carolina, entrambi padri presenti, affidabili e amorevoli.

 

Il sostegno alla genitorialità

Il sostegno alla genitorialità è un percorso mirato a sostenere e orientare i genitori nel rapporto genitori-figli, quando: si sentono in difficoltà rispetto ad alcuni atteggiamenti e comportamenti dei propri figli, durante alcune delicate fasi dello sviluppo dei figli, nel loro quotidiano lavoro di educatori, ma anche di fronte a situazioni di devianza o di particolare problematicità dell’adolescente. In tali contesti, lo psicoterapeuta con il bagaglio tecnico che gli sono propri, diviene un utile strumento per sostenere e accompagnare il genitore e/o il figlio durante la crescita.

 

La mediazione familiare si rivolge alle coppie in fase di separazione, soprattutto quando sono presenti dei figli. Lo psicoterapeuta ha il compito di aiutare a rendere la coppia capace di condividere responsabilmente la co-genitorialità, la rende capace di gestire la crisi per poter così trovare soluzioni reciprocamente soddisfacenti per sé e per i loro figli, per far si che essi subiscano il meno possibile la difficoltà che la situazione porta.

 

La terapia familiare ha come obiettivo finale la soluzione dei problemi o dei conflitti esistenti nel nucleo familiare, favorire la ricerca di nuove e più funzionali modalità di comunicazione e ascolto fra i componenti della famiglia e facilitare l’esprimersi dei bisogni emotivi fra i componenti.

Tecniche di rilassamento ed ipnosi

Le tecniche di rilassamento sono diverse e si adottano allo scopo di regolare e imparare a gestire gli stati ansiosi e/o lo stress. Le tecniche principali che adotto sono:

Il Training autogeno di Schultz: training mentale e fisico che gestisce lo stato di tensione attraverso immagini mentali, sensazioni di calore auto indotte, etc.

Il Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson: training muscolare che si focalizza sulla tensione percepita al livello dei muscoli

Le tecniche respiratorie o diaframmatiche

Le tecniche basate su mindfulness e meditazione

Meditazione “classica”

Rilassamento immaginativo

E altro…

 

L’ipnosi Ericksoniana viene adottata come tecnica di rilassamento e come ipnoterapia, importante strumento terapeutico, utilizzato quando la persona ha necessità di lavorare su se stessa in modo approfondito, per arriva a parti di sé che in stato di coscienza sono precluse. Con l’ipnoterapia si riescono ad aggirare le resistenze consce per arrivare nel modo più “dolce” possibile, al riconoscimento e all’elaborazione della problematica, senza barriere che impediscono di farlo.

TERAPIA DI COPPIA

La terapia di coppia aiuta la coppia a gestire i conflitti. Il compito dello psicoterapeuta è quello di fare acquisire alla coppia funzionali modalità di interazione, ottenendo una maggiore capacità di ascolto e comunicazione con il partner. Durante gli incontri lo psicoterapeuta non dà giudizi e non è di parte ma ha il compito di mediare, di stimolare entrambi i componenti della coppia per aiutarli a prendere realmente coscienza l’uno dell’altro, dei loro reciproci pensieri e sentimenti, eliminando le eventuali difficoltà di comunicazione e i “giochi psicologici” che inconsapevolmente mettono in atto creando barriere e automatismi che agiscono negativamente nel dialogo e nelle azioni e di conseguenza nella relazione. Qualsiasi coppia ha momenti di tensioni, più o meno forti ma superabili se si sanno gestire.

Ipnosi

PSICOLOGIA E LE FIGURE CORRELATE:

PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA, PSICOANALISTA, PSICHIATRA

 

In questo articolo farò un brevissimo cenno alla psicologia, dalla sua nascita al suo sviluppo nel tempo, e cercherò di chiarire le differenze esistenti fra le figure professionali che ruotano attorno alla psicologia.

Il termine Psicologia deriva da “Psiche” che in greco antico significa “anima” cioè vita, respiro, soffio vitale e sede dei sentimenti; ha origine in Grecia grazie a filosofi come Aristotele e Platone che per primi si posero degli interrogativi sul funzionamento della mente. Con il tempo il termine psiche fu diviso da anima e le due parole assunsero due significati diversi; con psiche si intende la parte mentale dell’uomo mentre con anima si indica la sua parte spirituale. Quella che tutti noi oggi conosciamo come psicologia, incuriosisce l’uomo da sempre e ha richiamato nei secoli l’attenzione e lo studio di filosofi, medici, biologi, fisici. Fra il 1850 ed il 1870 diversi studiosi si occuparono dello studio delle emozioni, delle sensazioni, delle attività intellettive, applicarono allo studio della mente le metodologie che già applicavano alle scienze naturali; fecero questo senza rendersi conto che stavano avvicinando la psicologia ad una scienza. Riuscì in questo il filosofo-fisiologo, tedesco W. Wundt che nel 1879 grazie agli esperimenti che condusse nei suoi laboratori di Lipsia, dimostrò attraverso risultati che si sono dimostrati concretamente ripetibili (la ripetibilità dei risultati è indispensabile perché una qualsiasi area possa essere considerata scientifica), che la psicologia è una scienza, la scienza che studia il comportamento umano. Di seguito elenco solo alcuni degli ambiti di studio e di approfondimento della psicologia, essi sono: la memoria, l’intelligenza, l’apprendimento, la comunicazione, le emozioni, l’affettività, la motivazione, la frustrazione, l’aggressività, il conflitto, l’attenzione ed ancora la personalità, le relazioni, etc.. La disciplina della psicologia è rivolta alla persona, al gruppo o alla comunità. Ad oggi la definitiva definizione di psicologia è: la scienza che studia la psiche nei processi psicologici  sia inconsci che consci, attraverso i quali una persona costruisce le proprie risposte comportamentali.

La psicologia come scienza è recente, nasce appunto poco più di un secolo fa ma da allora gli studi sono proseguiti ininterrottamente in varie parti del mondo, con ricercatori e psichiatri più o meno conosciuti; gli studi si svilupparono ed sono proseguiti in varie correnti di pensiero e orientamenti, ma la cosa che comunque accomuna tutti è il senso della psicologia che studia il comportamento umano e che cerca di comprendere e interpretare i processi mentali, affettivi e relazionali che lo determinano con lo scopo di promuovere il miglioramento della qualità della vita.

 

Ora vorrei fare chiarezza sulle varie competenze delle figure professionali “autorizzate” che lavorano in ambito psicologico, dato che da sempre riscontro dalle domande fatte dai miei pazienti che c’è molta confusione fra: psicologo, psicoterapeuta, psicanalista, psichiatra.

 

Per diventare psicologo prima si ottiene la laurea in psicologia e successivamente ad un tirocinio formativo di un anno, si sostiene l’esame di Stato per abilitarsi all’esercizio della professione di psicologo previa iscrizione all’Albo Professionale degli Psicologi della Regione. Un dottore in psicologia che non ha effettuato il regolare tirocinio e non ha superato le prove previste per l’esame di stato, non è di fatto uno psicologo e non può esercitare la professione di psicologo. L’operato dello psicologo è regolato dal codice deontologico che ne definisce limiti e doveri e consiste nel somministrare test e fare diagnosi, promuovere il benessere della persona, dando al paziente maggiore capacità e consapevolezza per comprendere sé stesso e gli altri attraverso colloqui psicologici; può inoltre offrire consulenza e supporto psicologico a tutti coloro che presentino un disagio o un problema che non presenti i sintomi di un disturbo psicopatologico, perché lo psicologo NON può trattare disturbi psicologici o psichiatrici, questo lo può fare solo uno psicoterapeuta. In ogni caso lo psicologo non essendo un medico non può prescrivere farmaci.

E’ psicoterapeuta, il professionista che dopo essersi laureato in psicologia e aver percorso tutto l’iter per diventare psicologo, segue un percorso almeno quadriennale, presso una scuola di specializzazione universitaria o comunque riconosciuta dal MIUR per acquisire una specifica formazione post-laurea (possono seguire la specializzazione post laurea in psicoterapia anche i medici). Quello di “psicoterapeuta” è dunque un titolo aggiuntivo a quello di psicologo.

Lo psicoterapeuta può fare tutto ciò che fa lo psicologo, in più ha competenze e conoscenze maggiori otre a strumenti psicoterapici che consentono di trattare, i disturbi psicopatologici, mirando a ridurre la sofferenza del paziente agendo sui meccanismi psichici e comportamentali sottostanti al problema. Questa specializzazione prevede anche una formazione pratica continuativa e la supervisione del terapeuta da parte di colleghi psicoterapeuti. Nell’ambito della psicoterapia vi sono molti approcci, che prevedono teorie e metodi diversi tra loro, dalla psicoanalisi, alla terapia sistemico-familiare, alla terapia cognitivo comportamentale, etc.

Lo psicanalista è uno psicoterapeuta che esercita la propria pratica clinica basandosi su un preciso approccio quello psicoanalitico. La psicoanalisi affonda le sue radici nella teoria Freudiana e si distingue enormemente dalla psicoterapia per le regole del setting, dove per setting si intende sia l’arredo dello studio, sia l’orientamento terapeutico, frequenza e numero di sedute, l’approccio e la relazione che il terapeuta instaura con il paziente. Senza stare ad elencare nel dettaglio tutte le differenze, le più importanti che si evidenziano in psicoanalisi rispetto alla psicoterapia sono: in psicoanalisi la durata del percorso è nettamente più lunga e di norma necessita di un maggior numero di sedute settimanali rispetto alla psicoterapia. Inoltre c’è molta differenza fra la modalità di approccio psicoterapico e relazione fra terapeuta e paziente; in psicanalisi il rapporto tra il professionista ed il paziente è rigorosamente formale, la comunicazione è quasi esclusivamente unidirezionale da parte del paziente che viene stimolato alla conversazione dallo psicanalista che raramente interviene nella seduta; altra differenza sostanziale è che nella psicoanalisi non vengono adottati/insegnati strumenti pratici.

Lo psichiatra è un laureato in medicina e chirurgia con specializzazione post laurea in psichiatria. La psichiatria è la branca specialistica della medicina che si occupa della diagnosi, della cura e della riabilitazione dei disturbi mentali e dei comportamenti patologici. Valuta la sintomatologia e il decorso clinico e propone una cura che può indirizzarsi verso un intervento farmacologico e/o psicoterapeutico. La legge italiana consente agli psichiatri di avere il titolo di psicoterapeuta su semplice richiesta all’Ordine professionale ma questo di fatto non garantisce, come invece è per gli psicoterapeuti che lo psichiatra-psicoterapeuta abbia frequentato una scuola di specializzazione quadriennale in psicoterapia, in pratica è libero di esercitare come psicoterapeuta senza aver effettuato un percorso formativo, ma questo si rimanda a coscienza sua. Lo psichiatra dato che è un medico può prescrivere farmaci generici e/o psicofarmaci e richiedere e valutare esami clinici.

A questo punto dell’articolo una domanda sorge spontanea…a chi ci si deve rivolgere in caso di un problema? Si contatterà lo psicologo se il problema si manifesta con un disagio che non presenta una sintomatologia invalidante e può bastare la consulenza. Si dovrà contattare uno psicoterapeuta, qualora invece il disagio psicologico si presenti con sintomi, più o meno invalidanti, o si presenti un disturbo psichico, o un disturbo psicopatologico. Lo psichiatra sarà contattato quando un disturbo psichico influisce negativamente sul funzionamento della persona a livello sociale e lavorativo, presentando una sintomatologia pesante e il paziente non riesce a lavorare su se stesso,  necessitando di un trattamento farmacologico, che sarà necessario sia per alleviare il grado di sofferenza che per ristabilire le condizioni necessarie e sufficienti per il lavoro psicoterapeutico. Psichiatra e psicoterapeuta lavorano su facce diverse della stessa medaglia, ciascuno con le proprie competenze. In un’ottica di interrelazione mente-corpo, l’ottimale è che lo psichiatra e lo psicoterapeuta lavorino in stretta collaborazione, uno per ristabilire l’equilibrio fisiologico della persona, l’altro per ristabilire l’equilibrio psicologico.

 

PSICOTERAPIA INDIVIDUALE

La psicoterapia individuale si adotta per risolvere la problematica e/o la sofferenza della persona che se trascurata va poi a compromettere la qualità di vita. Il mio metodo di lavoro prende in esame sia la persona nella propria dimensione individuale, sia l’ambiente che la circonda cioè il contesto sociale e le relazioni con altre persone in diversi contesti di vita (famigliare, affettivo, lavorativo, sociale), questo è molto importante per avere un più ampio livello di osservazione, sul quale impostare al meglio il percorso terapeutico e raggiungere il benessere della persona. Personalmente adotto più metodi terapeutici, prevalentemente l’orientamento Sistemico Relazionale ma anche il Cognitivo-Comportamentale, la PNL, l’Ipnositerapia e altro, a seconda del caso e nel rispetto dell’unicità di ogni persona.

La consulenza  si adotta per risolvere situazioni di difficoltà che generalmente hanno una natura momentanea e transitoria ma che se non elaborate correttamente, rischiano di consolidarsi, generando stati di blocco e malessere, compromettendo il benessere personale e la qualità della vita. Si accompagna la persona in passaggi particolarmente delicati, aiutandola ad orientarsi in vista di scelte importanti.

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