TARANTISMO E TRANS: RITO DI GUARIGIONE DEL TARANTISMO

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Dottoressa Erica Brasini

Psicologa - Psicoterapeuta

TARANTISMO E TRANS: RITO DI GUARIGIONE DEL TARANTISMO

Ho pensato di scrivere questo articolo prima di tutto perché da poco è terminata l’estate e con essa le vacanze, vacanze trascorse da molti in Puglia dove da diversi anni nella zona del Salento nel mese di agosto si svolge il festival itinerante della taranta, che io consiglio vivamente almeno una volta di andare a vedere e vivere, poi perché amo molto il ballo della taranta e la sua origine mi ha sempre incuriosita e affascinata.

Il ballo ludico della taranta, ha origine dal “tarantismo”, fenomeno nato in Puglia, tipico delle campagne di una zona del Salento (la Grecia salentina), composta da nove piccoli comuni in provincia di Lecce con a capo Galatina. Questo rito viene praticato nell’Italia meridionale dal Medioevo e visse un florido periodo fino al 1700, seguito poi da un lento declino per ciò che riguarda la sua funzione originale. La taranta richiama da molto tempo l’interesse di antropologi, sociologi, psicologi, psichiatri, teologi e questo interesse non accenna a diminuire, visto il fenomeno culturale chiamato neo-tarantismo che ha ormai un’ampia diffusione ben oltre i confini della Puglia. Il tarantismo è un fenomeno interessante di trance collettiva e spontanea a scopo terapeutico, un esempio splendido di autoipnosi spontanea, con radici antichissime legate ai culti dionisiaci dell’antica Grecia.

Secondo la credenza popolare nelle campagne si trovavano ragni (tarante), il cui veleno provocava malesseri fisici invalidanti di varia natura e fenomeni isterici e/o depressivi che potevano essere guariti per mezzo di un preciso rituale, ossia solo attraverso una danza sfrenata accompagnata da ritmi e suoni prodotti dagli esperti musicisti del paese, attraverso il suono di tamburelli ed altri strumenti musicali. Erano colpite dal veleno della taranta specialmente giovani donne nubili o sposate, di solito nel periodo della mietitura quando gli impulsi vitali e sessuali erano nella fase della massima attività.

Per spiegare, la taranta, che in realtà come ragno dal potere velenoso non esiste in Puglia, provocava con il suo morso sintomi vari quali: debolezza, svenimenti, nausea, vomito, tachicardia, angoscia, depressione e ipersensibilità. Essa colpiva con il suo morso le zone genitali di donne, soggette a repressione delle pulsioni sessuali, simbolicamente fondamentali per la funzione riproduttiva. Solo la “Macara” l’esperta del paese poteva stabilire se era taranta oppure no e se la diagnosi era per la prima, allora poteva partire il complesso rito della guarigione. Tutta la comunità riconosceva alla donna morsicata un ruolo degno di compassione e rispetto, pur essendovi un alone di terrore intorno ad essa, tutta la comunità entrava nello psicodramma della tarantata ed aveva attraverso schemi assolutamente rigorosi, la possibilità di inscenare la propria segreta angoscia e di partecipare alla trance imminente.

Per il rito, si legava  una fune al soffitto della stanza dove la donna giaceva e dove avrebbe ballato affinché ad essa potesse sorreggersi durante la danza sfrenata, le donne lavavano la vittima dal morso e la vestivano di bianco e la si stendeva su un lenzuolo a sua volta bianco, con accanto oggetti legati al luogo del morso, ad esempio il grano se il morso era avvenuto durante la mietitura. La famiglia della malata pagava i musicisti, spesso con i pochi risparmi di una vita, essi si disponevano in un cerchio e provavano diverse melodie per esempio “taranta libertina”, oppure “taranta triste e muta” o ancora “taranta tempestosa”, per riuscire a trovare il tipo di veleno inoculato dal ragno taranta, infine solo alla melodia giusta, corrispondente ad un ben preciso tipo di veleno, la tarantata reagiva e cominciava a ballare. In più ogni tarantata rispondeva ad un colore particolare: rosso, giallo, nero, etc., rendendo completo con l’elemento cromatico l’apporto immaginifico del rituale stesso nel quale tutti venivano immersi, ognuno nella sua specifica trans.
Il rituale di balli sfrenati si ripeteva fino allo sfinimento, per ore e ore, fino alla grazia concesso da San Paolo, attraverso l’espulsione del veleno e di conseguenza la guarigione e poteva anche durare 3 giorni consecutivi, con i suonatori che senza sosta battevano sui tamburi, con mani sanguinanti alternandosi solo per brevi pause. La madre e le donne gridavano e cercavano di proteggere la tarantata dal farsi male per la violenza della sua danza e tutta la comunità viveva la sospensione dalla realtà, una sospensione dello spazio, del tempo, un’immersione totale nel dramma di un dolore che era nelle viscere di tutti, il dramma della povertà, della faticosa sottomissione al padrone, delle infinite ore passate sotto il sole rovente a lavorare la terra, il dramma della donna che non aveva alcuna possibilità di sfuggire ad una sottomissione che prendeva una forma da noi oggi inimmaginabile.

In breve la trance portata dal rito della taranta, era l’unica possibilità di sentirsi liberi, lo stato di trans che la donna raggiungeva le permetteva di poter esprimere liberamente rabbia, tristezza, pulsione sessuale o qualunque altra emozione avesse dovuto fino a quel momento reprimere. Dalle donne ai paesani, dai suonatori ai parenti, tutti potevano uscire dalla realtà faticosa nella quale si stringevano le loro esistenze quotidiane, tutti erano dentro la trance costruita e tessuta come la tela del ragno, attraverso ogni minimo dettaglio da rigoroso rituale che partiva dal “presunto” morso, per passare attraverso la musica e la danza sfrenata, concludendosi in ultimo con la grazia cioè l’espulsione del veleno e la guarigione.

Molto spesso però, dopo il primo morso, ciclicamente c’era il ripetersi della crisi dovuta al cosiddetto “ri-morso”, perché il ragno stesso o un suo parente, l’anno successivo cercava la sua vittima nello stesso giorno e alla stessa ora per morderla nuovamante.

Una curiosità, poiché durante la “trance” le donne esibivano comportamenti di natura considerata oscena, la chiesa di San Paolo di Galatina il santo che concedeva la grazia delle guarigione alle “tarantate” dopo la cristianizzazione venne sconsacrata e San Paolo da santo protettore della taranta divenne santo della sessualità.

“si è taranta lasciala ballare …si è malinconia cacciala fora”…

Il sostegno alla genitorialità

Il sostegno alla genitorialità è un percorso mirato a sostenere e orientare i genitori nel rapporto genitori-figli, quando: si sentono in difficoltà rispetto ad alcuni atteggiamenti e comportamenti dei propri figli, durante alcune delicate fasi dello sviluppo dei figli, nel loro quotidiano lavoro di educatori, ma anche di fronte a situazioni di devianza o di particolare problematicità dell’adolescente. In tali contesti, lo psicoterapeuta con il bagaglio tecnico che gli sono propri, diviene un utile strumento per sostenere e accompagnare il genitore e/o il figlio durante la crescita.

 

La mediazione familiare si rivolge alle coppie in fase di separazione, soprattutto quando sono presenti dei figli. Lo psicoterapeuta ha il compito di aiutare a rendere la coppia capace di condividere responsabilmente la co-genitorialità, la rende capace di gestire la crisi per poter così trovare soluzioni reciprocamente soddisfacenti per sé e per i loro figli, per far si che essi subiscano il meno possibile la difficoltà che la situazione porta.

 

La terapia familiare ha come obiettivo finale la soluzione dei problemi o dei conflitti esistenti nel nucleo familiare, favorire la ricerca di nuove e più funzionali modalità di comunicazione e ascolto fra i componenti della famiglia e facilitare l’esprimersi dei bisogni emotivi fra i componenti.

Tecniche di rilassamento ed ipnosi

Le tecniche di rilassamento sono diverse e si adottano allo scopo di regolare e imparare a gestire gli stati ansiosi e/o lo stress. Le tecniche principali che adotto sono:

Il Training autogeno di Schultz: training mentale e fisico che gestisce lo stato di tensione attraverso immagini mentali, sensazioni di calore auto indotte, etc.

Il Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson: training muscolare che si focalizza sulla tensione percepita al livello dei muscoli

Le tecniche respiratorie o diaframmatiche

Le tecniche basate su mindfulness e meditazione

Meditazione “classica”

Rilassamento immaginativo

E altro…

 

L’ipnosi Ericksoniana viene adottata come tecnica di rilassamento e come ipnoterapia, importante strumento terapeutico, utilizzato quando la persona ha necessità di lavorare su se stessa in modo approfondito, per arriva a parti di sé che in stato di coscienza sono precluse. Con l’ipnoterapia si riescono ad aggirare le resistenze consce per arrivare nel modo più “dolce” possibile, al riconoscimento e all’elaborazione della problematica, senza barriere che impediscono di farlo.

TERAPIA DI COPPIA

La terapia di coppia aiuta la coppia a gestire i conflitti. Il compito dello psicoterapeuta è quello di fare acquisire alla coppia funzionali modalità di interazione, ottenendo una maggiore capacità di ascolto e comunicazione con il partner. Durante gli incontri lo psicoterapeuta non dà giudizi e non è di parte ma ha il compito di mediare, di stimolare entrambi i componenti della coppia per aiutarli a prendere realmente coscienza l’uno dell’altro, dei loro reciproci pensieri e sentimenti, eliminando le eventuali difficoltà di comunicazione e i “giochi psicologici” che inconsapevolmente mettono in atto creando barriere e automatismi che agiscono negativamente nel dialogo e nelle azioni e di conseguenza nella relazione. Qualsiasi coppia ha momenti di tensioni, più o meno forti ma superabili se si sanno gestire.

Ipnosi

PSICOLOGIA E LE FIGURE CORRELATE:

PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA, PSICOANALISTA, PSICHIATRA

 

In questo articolo farò un brevissimo cenno alla psicologia, dalla sua nascita al suo sviluppo nel tempo, e cercherò di chiarire le differenze esistenti fra le figure professionali che ruotano attorno alla psicologia.

Il termine Psicologia deriva da “Psiche” che in greco antico significa “anima” cioè vita, respiro, soffio vitale e sede dei sentimenti; ha origine in Grecia grazie a filosofi come Aristotele e Platone che per primi si posero degli interrogativi sul funzionamento della mente. Con il tempo il termine psiche fu diviso da anima e le due parole assunsero due significati diversi; con psiche si intende la parte mentale dell’uomo mentre con anima si indica la sua parte spirituale. Quella che tutti noi oggi conosciamo come psicologia, incuriosisce l’uomo da sempre e ha richiamato nei secoli l’attenzione e lo studio di filosofi, medici, biologi, fisici. Fra il 1850 ed il 1870 diversi studiosi si occuparono dello studio delle emozioni, delle sensazioni, delle attività intellettive, applicarono allo studio della mente le metodologie che già applicavano alle scienze naturali; fecero questo senza rendersi conto che stavano avvicinando la psicologia ad una scienza. Riuscì in questo il filosofo-fisiologo, tedesco W. Wundt che nel 1879 grazie agli esperimenti che condusse nei suoi laboratori di Lipsia, dimostrò attraverso risultati che si sono dimostrati concretamente ripetibili (la ripetibilità dei risultati è indispensabile perché una qualsiasi area possa essere considerata scientifica), che la psicologia è una scienza, la scienza che studia il comportamento umano. Di seguito elenco solo alcuni degli ambiti di studio e di approfondimento della psicologia, essi sono: la memoria, l’intelligenza, l’apprendimento, la comunicazione, le emozioni, l’affettività, la motivazione, la frustrazione, l’aggressività, il conflitto, l’attenzione ed ancora la personalità, le relazioni, etc.. La disciplina della psicologia è rivolta alla persona, al gruppo o alla comunità. Ad oggi la definitiva definizione di psicologia è: la scienza che studia la psiche nei processi psicologici  sia inconsci che consci, attraverso i quali una persona costruisce le proprie risposte comportamentali.

La psicologia come scienza è recente, nasce appunto poco più di un secolo fa ma da allora gli studi sono proseguiti ininterrottamente in varie parti del mondo, con ricercatori e psichiatri più o meno conosciuti; gli studi si svilupparono ed sono proseguiti in varie correnti di pensiero e orientamenti, ma la cosa che comunque accomuna tutti è il senso della psicologia che studia il comportamento umano e che cerca di comprendere e interpretare i processi mentali, affettivi e relazionali che lo determinano con lo scopo di promuovere il miglioramento della qualità della vita.

 

Ora vorrei fare chiarezza sulle varie competenze delle figure professionali “autorizzate” che lavorano in ambito psicologico, dato che da sempre riscontro dalle domande fatte dai miei pazienti che c’è molta confusione fra: psicologo, psicoterapeuta, psicanalista, psichiatra.

 

Per diventare psicologo prima si ottiene la laurea in psicologia e successivamente ad un tirocinio formativo di un anno, si sostiene l’esame di Stato per abilitarsi all’esercizio della professione di psicologo previa iscrizione all’Albo Professionale degli Psicologi della Regione. Un dottore in psicologia che non ha effettuato il regolare tirocinio e non ha superato le prove previste per l’esame di stato, non è di fatto uno psicologo e non può esercitare la professione di psicologo. L’operato dello psicologo è regolato dal codice deontologico che ne definisce limiti e doveri e consiste nel somministrare test e fare diagnosi, promuovere il benessere della persona, dando al paziente maggiore capacità e consapevolezza per comprendere sé stesso e gli altri attraverso colloqui psicologici; può inoltre offrire consulenza e supporto psicologico a tutti coloro che presentino un disagio o un problema che non presenti i sintomi di un disturbo psicopatologico, perché lo psicologo NON può trattare disturbi psicologici o psichiatrici, questo lo può fare solo uno psicoterapeuta. In ogni caso lo psicologo non essendo un medico non può prescrivere farmaci.

E’ psicoterapeuta, il professionista che dopo essersi laureato in psicologia e aver percorso tutto l’iter per diventare psicologo, segue un percorso almeno quadriennale, presso una scuola di specializzazione universitaria o comunque riconosciuta dal MIUR per acquisire una specifica formazione post-laurea (possono seguire la specializzazione post laurea in psicoterapia anche i medici). Quello di “psicoterapeuta” è dunque un titolo aggiuntivo a quello di psicologo.

Lo psicoterapeuta può fare tutto ciò che fa lo psicologo, in più ha competenze e conoscenze maggiori otre a strumenti psicoterapici che consentono di trattare, i disturbi psicopatologici, mirando a ridurre la sofferenza del paziente agendo sui meccanismi psichici e comportamentali sottostanti al problema. Questa specializzazione prevede anche una formazione pratica continuativa e la supervisione del terapeuta da parte di colleghi psicoterapeuti. Nell’ambito della psicoterapia vi sono molti approcci, che prevedono teorie e metodi diversi tra loro, dalla psicoanalisi, alla terapia sistemico-familiare, alla terapia cognitivo comportamentale, etc.

Lo psicanalista è uno psicoterapeuta che esercita la propria pratica clinica basandosi su un preciso approccio quello psicoanalitico. La psicoanalisi affonda le sue radici nella teoria Freudiana e si distingue enormemente dalla psicoterapia per le regole del setting, dove per setting si intende sia l’arredo dello studio, sia l’orientamento terapeutico, frequenza e numero di sedute, l’approccio e la relazione che il terapeuta instaura con il paziente. Senza stare ad elencare nel dettaglio tutte le differenze, le più importanti che si evidenziano in psicoanalisi rispetto alla psicoterapia sono: in psicoanalisi la durata del percorso è nettamente più lunga e di norma necessita di un maggior numero di sedute settimanali rispetto alla psicoterapia. Inoltre c’è molta differenza fra la modalità di approccio psicoterapico e relazione fra terapeuta e paziente; in psicanalisi il rapporto tra il professionista ed il paziente è rigorosamente formale, la comunicazione è quasi esclusivamente unidirezionale da parte del paziente che viene stimolato alla conversazione dallo psicanalista che raramente interviene nella seduta; altra differenza sostanziale è che nella psicoanalisi non vengono adottati/insegnati strumenti pratici.

Lo psichiatra è un laureato in medicina e chirurgia con specializzazione post laurea in psichiatria. La psichiatria è la branca specialistica della medicina che si occupa della diagnosi, della cura e della riabilitazione dei disturbi mentali e dei comportamenti patologici. Valuta la sintomatologia e il decorso clinico e propone una cura che può indirizzarsi verso un intervento farmacologico e/o psicoterapeutico. La legge italiana consente agli psichiatri di avere il titolo di psicoterapeuta su semplice richiesta all’Ordine professionale ma questo di fatto non garantisce, come invece è per gli psicoterapeuti che lo psichiatra-psicoterapeuta abbia frequentato una scuola di specializzazione quadriennale in psicoterapia, in pratica è libero di esercitare come psicoterapeuta senza aver effettuato un percorso formativo, ma questo si rimanda a coscienza sua. Lo psichiatra dato che è un medico può prescrivere farmaci generici e/o psicofarmaci e richiedere e valutare esami clinici.

A questo punto dell’articolo una domanda sorge spontanea…a chi ci si deve rivolgere in caso di un problema? Si contatterà lo psicologo se il problema si manifesta con un disagio che non presenta una sintomatologia invalidante e può bastare la consulenza. Si dovrà contattare uno psicoterapeuta, qualora invece il disagio psicologico si presenti con sintomi, più o meno invalidanti, o si presenti un disturbo psichico, o un disturbo psicopatologico. Lo psichiatra sarà contattato quando un disturbo psichico influisce negativamente sul funzionamento della persona a livello sociale e lavorativo, presentando una sintomatologia pesante e il paziente non riesce a lavorare su se stesso,  necessitando di un trattamento farmacologico, che sarà necessario sia per alleviare il grado di sofferenza che per ristabilire le condizioni necessarie e sufficienti per il lavoro psicoterapeutico. Psichiatra e psicoterapeuta lavorano su facce diverse della stessa medaglia, ciascuno con le proprie competenze. In un’ottica di interrelazione mente-corpo, l’ottimale è che lo psichiatra e lo psicoterapeuta lavorino in stretta collaborazione, uno per ristabilire l’equilibrio fisiologico della persona, l’altro per ristabilire l’equilibrio psicologico.

 

PSICOTERAPIA INDIVIDUALE

La psicoterapia individuale si adotta per risolvere la problematica e/o la sofferenza della persona che se trascurata va poi a compromettere la qualità di vita. Il mio metodo di lavoro prende in esame sia la persona nella propria dimensione individuale, sia l’ambiente che la circonda cioè il contesto sociale e le relazioni con altre persone in diversi contesti di vita (famigliare, affettivo, lavorativo, sociale), questo è molto importante per avere un più ampio livello di osservazione, sul quale impostare al meglio il percorso terapeutico e raggiungere il benessere della persona. Personalmente adotto più metodi terapeutici, prevalentemente l’orientamento Sistemico Relazionale ma anche il Cognitivo-Comportamentale, la PNL, l’Ipnositerapia e altro, a seconda del caso e nel rispetto dell’unicità di ogni persona.

La consulenza  si adotta per risolvere situazioni di difficoltà che generalmente hanno una natura momentanea e transitoria ma che se non elaborate correttamente, rischiano di consolidarsi, generando stati di blocco e malessere, compromettendo il benessere personale e la qualità della vita. Si accompagna la persona in passaggi particolarmente delicati, aiutandola ad orientarsi in vista di scelte importanti.

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